sabato 6 febbraio 2010

La lettrice, il più grande mosaico

The reader: the largest mosaic.

Questa di Carlo Gloria è senza dubbio un’opera di forte impatto visivo.
Qualunque cosa di una cinquantina di metri di larghezza per quindici di altezza lo sarebbe. Lo sfondo nero esalta magnificamente lo smalto delle piastrelle, rendendo la figura perfettamente nitida
sia alla luce diurna che con l’illuminazione notturna. La realizzazione pratica dell’immagine, alla giusta distanza, coincide perfettamente con “l’idea” concepita a tavolino.

Una lampada, una persona sdraiata che legge un libro, un’enorme presa di corrente.
Ciò che in apparenza è una pacata immagine di un anonimo interno privato, in realtà è l’espressione di un forte legame simbolico con la fabbrica che vive al di là di questo immenso muro.
Proprio questo muro si fa carico del primo intento espressivo. Il muro che divide l’area produttiva, reale, pulsante, da quella ipotetica, di un ambiente domestico.
Una persona ha lavorato per un’intera giornata in quel recinto di mattoni ed ora si ritrova proiettata in un’area che le appartiene, indossando dei comodi blu jeans ed una semplice maglietta.
I piedi sono scalzi ad evidenziare lo stato di piena rilassatezza in cui la figura umana si distende.
La giornata lavorativa si è conclusa al di là del muro, ma al di qua si celebra il recupero dei propri interessi.

La stessa figura sarebbe stata ugualmente bella se fosse stata colta nell’atto di accarezzare un gatto, o nel più banale e consumato atteggiamento di chi, rientrando a casa, poggia a terra le borse della spesa.
Mille sarebbero potute essere le scelte. Questa del libro giallo, è probabilmente la scelta di una immagine più inconsueta, ma non per questo meno vera.
Sicuramente è un’immagine che dona a chi la guarda, un senso di profondo ed intimo abbandono.
Come due comparse uscite dalle quinte di un teatro, una enorme lampada da un lato, e, dall’altro, una non meno imponente presa di corrente.

La Turbocare è una fabbrica che produce turbine che serviranno ad attivare generatori per la produzione di corrente elettrica.
Possiamo quindi dire che indirettamente concorra alla produzione di energia elettrica.
La lampada, avrebbe potuto attingere energia (come nella maggior parte delle case) da una presa posta dietro il comodino, costituito dall’immenso cancello con saracinesca; invece, tramite un cavo elettrico che, sinuosamente, attraversa tutta la scena, si connette in questa grande presa.
La presa è volutamente sovradimensionata, proprio per incrementare il valore simbolico dell’attività che si svolge all’interno.

Qui si fa energia! Sembra dire. Ed è proprio così.

Marco Tomasino

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